No Pair – Tracce Di Jazz

Prendete quattro belle speranze del jazz italiano che non disdegnano rock e avanguardia, aggiungete un’etichetta discografica che di questo genere di contaminazione ha fatto la sua cifra stilistica, innaffiate il tutto con abbondante creatività e miscelate con l’energia di cento braccia. Il piatto si chiama “NoPair” e va servito caldo…

Chaos and OrderNoPair è il quartetto elettrico del compositore, clarinettista e sassofonista Francesco Chiapperini, originario di Bari ma di stanza a Milano, che in “Chaos and Order” è autore di tutti i brani ed imbraccia clarinetto basso e soprano; sono con lui Gianluca Elia al sax tenore, Dario Trapani alla chitarra ed effetti elettronici ed il batterista Antonio Fusco, trasferitosi di recente in Germania.
L’album in questione è uscito negli ultimi giorni dello scorso anno per Long Song Records (etichetta coraggiosa che da sempre propone ardite miscele sonore tra jazz, rock e musica improvvisata, come recita la didascalia presente sul suo sito Internet) e sin dal titolo esplicita le direttrici artistiche della sua progettualità: strutture formali preordinate si alternano a momenti liberi ed apparentemente caotici, che ad un ascolto più attento, tuttavia, si rivelano essenziali per sottolineare la qualità delle partiture e conferire direzioni diverse al flusso sonoro.
Gli ingredienti di questa miscela esplosiva sono apparentemente semplici: brani di durata medio-lunga (tra i 7 e gli 11 minuti, con una sola eccezione) che consentono continui cambiamenti di atmosfera e variazioni delle dinamiche anche all’interno dello stesso pezzo; formazione che sa trasformarsi all’occorrenza da quartetto a trio, duo e solo, sempre con estrema efficacia; suoni prevalentemente scuri e tempi che virano dal lento al velocissimo, talvolta a mezzo di breaks esplosivi, in altre occasioni mediante aumenti e rilasci della tensione espressiva; impasti sonori particolarmente originali e musicisti che, se dal vivo non lesinano virtuosisimi e vorticosi momenti solistici, in studio si mettono al servizio dell’insieme, con una particolare menzione alla chitarra di Trapani, che con i suoi annessi elettronici produce fondali di sicuro riferimento per i partners e non fa rimpiangere la mancanza di un basso in formazione.
Il brano di apertura, “EDAG”, propone un riff di matrice jazz-rock, da cui prende forma una intensa improvvisazione free del tenore di Elia, ben sostenuto dai fondali di Trapani e dai contrappunti del clarinetto soprano di Chiapperini; dopo il break, è il leader a farsi protagonista di un intervento solistico dal suono riverberato e dalle curve sinuose, prima della sezione finale che riprende il riff di apertura, per poi dissolversi in un’ambientazione tutta giocata su timbri ed effetti.
“Sliding Snikers” è introdotta da un bel solo di Fusco, che predilige, per l’occasione, puntare sui colori piuttosto che sul ritmo; gli inserimenti della chitarra prima e dei fiati poi fanno ribollire il magma sonoro e crescere la tensione, fino ad esplodere a metà brano in una energica scansione rock. Ma anche in questo caso il climax è destinato a cambiare presto, in una progressiva dissolvenza che si risolve in un bel solo di chitarra, per poi riprendere intensità e ritmo prima del dialogo finale tra i due fiati.
Uno degli episodi più riusciti è senza dubbio “Spreadsheet”, dall’inizio dolente, quasi come una vecchia “ballad”, con la melodia esposta dai due fiati da cui prende presto le mosse un bel tema bluesy del clarinetto; ma ancora una volta uno stacco netto ci porta altrove, ed un ritmo deciso fa spiccare il volo al tenore, sorretto da preziosi contrappunti chitarristici fino all’atterraggio, guarda caso, sullo stesso soffice terreno da cui era partito il tutto.
Segue “Heavy Walk”, con i fiati appoggiati su un pedale minimale di Trapani ed un drumming leggero di Fusco; l’assolo al clarinetto soprano del leader è caldo ed avvolgente e rimanda per qualche istante la memoria al deserto sahariano. Il break a metà brano sposta ancora una volta l’accento sul ritmo, ma questa volta la matrice rock è contaminata da reminescenze mediorientali.
“Brain Misty”, dall’inizio particolarmente greve, è valorizzata da un prezioso solo del tenore di Elia, in tono sommesso e a tempo lento, ricamato dai suoni di Trapani e in un secondo tempo dal clarinetto basso di Chiapperini; dopo un altro bel momento solistico di Fusco, che gioca a lungo con timbri e colori, la chitarra prende fuoco ed i fiati partecipano con energia esplosiva a tre minuti di puro rock.
Chiude l’album “No Pair”, altro pezzo di particolare efficacia e manifesto del gruppo sin dal titolo, introdotto in stile noise dalla sola chitarra, alla quale si uniscono poi la batteria ed i fiati, che sviluppano un tema reiterato quasi da film horror; suoni gutturali trasportano quindi l’ascoltatore verso un finale in cui la scansione rock è continuamente spezzata da suggestivi breaks di fiati e chitarra.
Insomma, non c’è di che annoiarsi; da ultimo occorre sottolineare la grande cura dei suoni e la qualità della produzione, sia in fase di registrazione che di assemblaggio del materiale; elementi indispensabili, questi, per apprezzare al meglio la proposta e la voce originale di un gruppo che farà sicuramente parlare di sè nel prossimo futuro.Prendete quattro belle speranze del jazz italiano che non disdegnano rock e avanguardia, aggiungete un’etichetta discografica che di questo genere di contaminazione ha fatto la sua cifra stilistica, innaffiate il tutto con abbondante creatività e miscelate con l’energia di cento braccia. Il piatto si chiama “NoPair” e va servito caldo…

Chaos and OrderNoPair è il quartetto elettrico del compositore, clarinettista e sassofonista Francesco Chiapperini, originario di Bari ma di stanza a Milano, che in “Chaos and Order” è autore di tutti i brani ed imbraccia clarinetto basso e soprano; sono con lui Gianluca Elia al sax tenore, Dario Trapani alla chitarra ed effetti elettronici ed il batterista Antonio Fusco, trasferitosi di recente in Germania.
L’album in questione è uscito negli ultimi giorni dello scorso anno per Long Song Records (etichetta coraggiosa che da sempre propone ardite miscele sonore tra jazz, rock e musica improvvisata, come recita la didascalia presente sul suo sito Internet) e sin dal titolo esplicita le direttrici artistiche della sua progettualità: strutture formali preordinate si alternano a momenti liberi ed apparentemente caotici, che ad un ascolto più attento, tuttavia, si rivelano essenziali per sottolineare la qualità delle partiture e conferire direzioni diverse al flusso sonoro.
Gli ingredienti di questa miscela esplosiva sono apparentemente semplici: brani di durata medio-lunga (tra i 7 e gli 11 minuti, con una sola eccezione) che consentono continui cambiamenti di atmosfera e variazioni delle dinamiche anche all’interno dello stesso pezzo; formazione che sa trasformarsi all’occorrenza da quartetto a trio, duo e solo, sempre con estrema efficacia; suoni prevalentemente scuri e tempi che virano dal lento al velocissimo, talvolta a mezzo di breaks esplosivi, in altre occasioni mediante aumenti e rilasci della tensione espressiva; impasti sonori particolarmente originali e musicisti che, se dal vivo non lesinano virtuosisimi e vorticosi momenti solistici, in studio si mettono al servizio dell’insieme, con una particolare menzione alla chitarra di Trapani, che con i suoi annessi elettronici produce fondali di sicuro riferimento per i partners e non fa rimpiangere la mancanza di un basso in formazione.
Il brano di apertura, “EDAG”, propone un riff di matrice jazz-rock, da cui prende forma una intensa improvvisazione free del tenore di Elia, ben sostenuto dai fondali di Trapani e dai contrappunti del clarinetto soprano di Chiapperini; dopo il break, è il leader a farsi protagonista di un intervento solistico dal suono riverberato e dalle curve sinuose, prima della sezione finale che riprende il riff di apertura, per poi dissolversi in un’ambientazione tutta giocata su timbri ed effetti.
“Sliding Snikers” è introdotta da un bel solo di Fusco, che predilige, per l’occasione, puntare sui colori piuttosto che sul ritmo; gli inserimenti della chitarra prima e dei fiati poi fanno ribollire il magma sonoro e crescere la tensione, fino ad esplodere a metà brano in una energica scansione rock. Ma anche in questo caso il climax è destinato a cambiare presto, in una progressiva dissolvenza che si risolve in un bel solo di chitarra, per poi riprendere intensità e ritmo prima del dialogo finale tra i due fiati.
Uno degli episodi più riusciti è senza dubbio “Spreadsheet”, dall’inizio dolente, quasi come una vecchia “ballad”, con la melodia esposta dai due fiati da cui prende presto le mosse un bel tema bluesy del clarinetto; ma ancora una volta uno stacco netto ci porta altrove, ed un ritmo deciso fa spiccare il volo al tenore, sorretto da preziosi contrappunti chitarristici fino all’atterraggio, guarda caso, sullo stesso soffice terreno da cui era partito il tutto.
Segue “Heavy Walk”, con i fiati appoggiati su un pedale minimale di Trapani ed un drumming leggero di Fusco; l’assolo al clarinetto soprano del leader è caldo ed avvolgente e rimanda per qualche istante la memoria al deserto sahariano. Il break a metà brano sposta ancora una volta l’accento sul ritmo, ma questa volta la matrice rock è contaminata da reminescenze mediorientali.
“Brain Misty”, dall’inizio particolarmente greve, è valorizzata da un prezioso solo del tenore di Elia, in tono sommesso e a tempo lento, ricamato dai suoni di Trapani e in un secondo tempo dal clarinetto basso di Chiapperini; dopo un altro bel momento solistico di Fusco, che gioca a lungo con timbri e colori, la chitarra prende fuoco ed i fiati partecipano con energia esplosiva a tre minuti di puro rock.
Chiude l’album “No Pair”, altro pezzo di particolare efficacia e manifesto del gruppo sin dal titolo, introdotto in stile noise dalla sola chitarra, alla quale si uniscono poi la batteria ed i fiati, che sviluppano un tema reiterato quasi da film horror; suoni gutturali trasportano quindi l’ascoltatore verso un finale in cui la scansione rock è continuamente spezzata da suggestivi breaks di fiati e chitarra.
Insomma, non c’è di che annoiarsi; da ultimo occorre sottolineare la grande cura dei suoni e la qualità della produzione, sia in fase di registrazione che di assemblaggio del materiale; elementi indispensabili, questi, per apprezzare al meglio la proposta e la voce originale di un gruppo che farà sicuramente parlare di sè nel prossimo futuro.

No Pair – Trentino Corriere Alpi

E’ partito sabato scorso dal Café Théatre Artemisia di Arco il tour del quartetto No Pair, che presentava il nuovo album della formazione lombarda, “Chaos and Order”, pubblicato da pochi giorni. Formato dal clarinettista Francesco Chiapperini, dal sassofonista tenore Gianluca Elia, dal chitarrista Dario Trapani e dal batterista Antonio Fusco, il quartetto spicca per l’originalità dell’organico strumentale, dove ai due fiati della front-line è abbinata una sezione ritmica che rinuncia alla presenza del basso, affidando a chitarra e batteria la funzione di motore ritmico del gruppo. In realtà le linee del basso sono tracciate in taluni episodi dallo stesso chitarrista, ma caratteristica del gruppo è una notevole elasticità nella combinazione tra gli strumenti, tra gli episodi strutturati e quelli più liberi, tra i generi presentati. La chitarra si può associare di volta in volta alla batteria nella costruzione di una scansione ritmica, oppure agli strumenti a fiato nel disegnare parti melodiche e contrappunti. Il contrasto tra i due fiati è stimolante, con i clarinetti del leader Francesco Chiapperini sobri e misurati e il tenore di Elia più scuro e nero-americano, a tratti decisamente free. Tale duttilità nei ruoli è supportata anche dalla varietà stilistica proposta dal quartetto: la matrice fondamentale è quella del jazz, ma gli stimoli si affacciano su tutta la contemporaneità, guardando al rock, al jungle, al noise. La scansione del rock e la spinta del jazz si mescolano alle costruzioni ben tornite, tutte dovute al leader della formazione, mettendo gli strumenti di volta in volta in contrasto o in relazione dialogica. La formazione si è esibita con successo al concerto di Arco, mostrando senza dubbio di essere uno dei giovani gruppi più originali e agguerriti della scena italiana. E’ partito sabato scorso dal Café Théatre Artemisia di Arco il tour del quartetto No Pair, che presentava il nuovo album della formazione lombarda, “Chaos and Order”, pubblicato da pochi giorni. Formato dal clarinettista Francesco Chiapperini, dal sassofonista tenore Gianluca Elia, dal chitarrista Dario Trapani e dal batterista Antonio Fusco, il quartetto spicca per l’originalità dell’organico strumentale, dove ai due fiati della front-line è abbinata una sezione ritmica che rinuncia alla presenza del basso, affidando a chitarra e batteria la funzione di motore ritmico del gruppo. In realtà le linee del basso sono tracciate in taluni episodi dallo stesso chitarrista, ma caratteristica del gruppo è una notevole elasticità nella combinazione tra gli strumenti, tra gli episodi strutturati e quelli più liberi, tra i generi presentati. La chitarra si può associare di volta in volta alla batteria nella costruzione di una scansione ritmica, oppure agli strumenti a fiato nel disegnare parti melodiche e contrappunti. Il contrasto tra i due fiati è stimolante, con i clarinetti del leader Francesco Chiapperini sobri e misurati e il tenore di Elia più scuro e nero-americano, a tratti decisamente free. Tale duttilità nei ruoli è supportata anche dalla varietà stilistica proposta dal quartetto: la matrice fondamentale è quella del jazz, ma gli stimoli si affacciano su tutta la contemporaneità, guardando al rock, al jungle, al noise. La scansione del rock e la spinta del jazz si mescolano alle costruzioni ben tornite, tutte dovute al leader della formazione, mettendo gli strumenti di volta in volta in contrasto o in relazione dialogica. La formazione si è esibita con successo al concerto di Arco, mostrando senza dubbio di essere uno dei giovani gruppi più originali e agguerriti della scena italiana.

Udu Calls Trio – Blow Up

Tiziano Tononi e Daniele Cavallanti, con la gentile partecipazione di William Parker, sono riportati alla luce in un set del 1999 al Vancouver International Jazz Festival. Non è un reperto archeologico perché il credo di Tononi è sempre stato coerentemente legato alla dimensione storica della great black music e dunque l’anno di produzione di un album ha in sé scarsa importanza. Due sole ampie tracce in ciascuna delle quali il trio ha modo sia di evidenziare le individualità sia di sviluppare la dimensione collettiva. Energia espressiva, senso ritmico elevato, liberazione dei sensi e degli intelletti, che volete di più?
Voto: 7/8 Tiziano Tononi e Daniele Cavallanti, con la gentile partecipazione di William Parker, sono riportati alla luce in un set del 1999 al Vancouver International Jazz Festival. Non è un reperto archeologico perché il credo di Tononi è sempre stato coerentemente legato alla dimensione storica della great black music e dunque l’anno di produzione di un album ha in sé scarsa importanza. Due sole ampie tracce in ciascuna delle quali il trio ha modo sia di evidenziare le individualità sia di sviluppare la dimensione collettiva. Energia espressiva, senso ritmico elevato, liberazione dei sensi e degli intelletti, che volete di più?
Voto: 7/8

diskoryxeion – Lasting Ephemerals

Τριπλή εταιρική συνεργασία (Amirani, Long Song, Teriyaki) για ένα άλμπουμ βινυλίου (“Lasting Ephemerals”) που φέρνει κοντά δύο προσωπικότητες της σύγχρονης avant και improvised music – τον ιταλό σοπράνο σαξοφωνίστα Gianni Mimmo και την βρετανή βιολίστρια Alison Blunt.

Για τον Mimmo έχω γράψει κι άλλες φορές στο δισκορυχείον τονίζοντας την αξία της παρουσίας του σε μια σειρά «προχωρημένων» εγγραφών της δικής του εταιρείας Amirani Records, ενώ και η Blunt (γεννημένη στην Μομπάσα της Κένυας το 1971) είναι μία μουσικός με τεράστιο αριθμό συνεργασιών και παρουσία σε δεκάδες avant events ανά τον κόσμο. Το “Lasting Ephemerals”, που είναι μία παράσταση των δύο, είναι ηχογραφημένο ζωντανά στην St. Leonard’s Shoreditch Church του Λονδίνου (26/6/2013) και, όπως και να το κάνουμε, περικλείει κάτι (πολύ) από την δυναμική όχι μόνον του duo, αλλά και του συγκεκριμένου χώρου. Τούτο διαπιστώνεται, βασικά, από το «βάθος πεδίου» και την επιστημονικώς μελετημένη ανάδραση της εγγραφής (όσον αφορά στα τεχνικά χαρακτηριστικά), αλλά και από τον τρόπο που παρίστανται οι δύο μουσικοί σ’ έναν ναό, που είναι 270 χρόνια παλαιός. Υποθέτω, δηλαδή, πως ο λυρισμός ορισμένων συνθέσεων, ή μάλλον, καλύτερα, ορισμένων μερών των συνθέσεων, δεν μπορεί να είναι άμοιρος τής εσωτερικής αρχιτεκτονικής ομορφιάς και του περιβάλλοντος χώρου. Αλλιώς, τι νόημα θα είχε να ηχογραφήσει κανείς σ’ έναν τέτοιο τόπο; Θέλω να πω πως αν εύρισκε εκεί ό,τι θα μπορούσε να βρει σ’ ένα στούντιο, τότε δεν θα υπήρχε ουδείς λόγος να κανονιστεί μιαν ηχογράφηση σ’ ένα μνημείο του 18ου αιώνα.
Ξεκινώντας από ’κει θα έλεγα πως και οι τρεις συνθέσεις του LP, το 22λεπτο φερώνυμο κομμάτι, το 12λεπτο “Elliptical birds” και το σχεδόν 9λεπτο “Scherzo”, δεν μπορεί παρά να ανταποκρίνονται στις απαιτήσεις μιας τόσο «ειδικής» παράστασης, συγκεράζοντας στοιχεία μουσικής δωματίου και ελεύθερου αυτοσχεδιασμού με τον πιο απροσδόκητο τρόπο. Τόσο ο Mimmo όσο και η Blunt επιχειρούν να εκμεταλλευτούν κάθε ηχόχρωμα των οργάνων τους, παίζοντας σε συμφωνία φάσης ή μη, και με ρόλους που μπορεί να δημιουργούν συνεχώς διαβρωτικά περιβάλλοντα (ο ένας δηλαδή να υποσκάπτει την παρουσία του άλλου στην εξέλιξη της «σύνθεσης»). Έτσι παρατηρούμε συχνά, για παράδειγμα, το ένα όργανο ν’ ακούγεται «μπροστά» και το άλλο να δημιουργεί, σ’ ένα «πίσω» επίπεδο, αλλόκοτες γενικώς καταστάσεις. Αυτή η εναλλαγή προσώπων και ηχοχρωμάτων προσφέρει στο “Lasting Ephemerals” επιπρόσθετους βαθμούς πλαστικότητας, μετατρέποντάς το σ’ ένα συνειδητό άκουσμα για την… μισή οικογένεια.

Στο πλαίσιο των 49ων Δημητρίων, την 7/10/2014 (δηλαδή προχθές), ο Gianni Mimmo μαζί με τον πιανίστα Gianni Lenoci και την ελληνική Plus’ n’ Minus Collective Orchestra θα εμφανίζονταν στην Αίθουσα δοκιμών της Κ.Ο.Θ. (πρώην κινηματογράφος Παλλάς) στη Θεσσαλονίκη. Αν πήγε κάποιος και παρακολούθησε, ας μας πει δυο λόγια…Τριπλή εταιρική συνεργασία (Amirani, Long Song, Teriyaki) για ένα άλμπουμ βινυλίου (“Lasting Ephemerals”) που φέρνει κοντά δύο προσωπικότητες της σύγχρονης avant και improvised music – τον ιταλό σοπράνο σαξοφωνίστα Gianni Mimmo και την βρετανή βιολίστρια Alison Blunt.

Για τον Mimmo έχω γράψει κι άλλες φορές στο δισκορυχείον τονίζοντας την αξία της παρουσίας του σε μια σειρά «προχωρημένων» εγγραφών της δικής του εταιρείας Amirani Records, ενώ και η Blunt (γεννημένη στην Μομπάσα της Κένυας το 1971) είναι μία μουσικός με τεράστιο αριθμό συνεργασιών και παρουσία σε δεκάδες avant events ανά τον κόσμο. Το “Lasting Ephemerals”, που είναι μία παράσταση των δύο, είναι ηχογραφημένο ζωντανά στην St. Leonard’s Shoreditch Church του Λονδίνου (26/6/2013) και, όπως και να το κάνουμε, περικλείει κάτι (πολύ) από την δυναμική όχι μόνον του duo, αλλά και του συγκεκριμένου χώρου. Τούτο διαπιστώνεται, βασικά, από το «βάθος πεδίου» και την επιστημονικώς μελετημένη ανάδραση της εγγραφής (όσον αφορά στα τεχνικά χαρακτηριστικά), αλλά και από τον τρόπο που παρίστανται οι δύο μουσικοί σ’ έναν ναό, που είναι 270 χρόνια παλαιός. Υποθέτω, δηλαδή, πως ο λυρισμός ορισμένων συνθέσεων, ή μάλλον, καλύτερα, ορισμένων μερών των συνθέσεων, δεν μπορεί να είναι άμοιρος τής εσωτερικής αρχιτεκτονικής ομορφιάς και του περιβάλλοντος χώρου. Αλλιώς, τι νόημα θα είχε να ηχογραφήσει κανείς σ’ έναν τέτοιο τόπο; Θέλω να πω πως αν εύρισκε εκεί ό,τι θα μπορούσε να βρει σ’ ένα στούντιο, τότε δεν θα υπήρχε ουδείς λόγος να κανονιστεί μιαν ηχογράφηση σ’ ένα μνημείο του 18ου αιώνα.
Ξεκινώντας από ’κει θα έλεγα πως και οι τρεις συνθέσεις του LP, το 22λεπτο φερώνυμο κομμάτι, το 12λεπτο “Elliptical birds” και το σχεδόν 9λεπτο “Scherzo”, δεν μπορεί παρά να ανταποκρίνονται στις απαιτήσεις μιας τόσο «ειδικής» παράστασης, συγκεράζοντας στοιχεία μουσικής δωματίου και ελεύθερου αυτοσχεδιασμού με τον πιο απροσδόκητο τρόπο. Τόσο ο Mimmo όσο και η Blunt επιχειρούν να εκμεταλλευτούν κάθε ηχόχρωμα των οργάνων τους, παίζοντας σε συμφωνία φάσης ή μη, και με ρόλους που μπορεί να δημιουργούν συνεχώς διαβρωτικά περιβάλλοντα (ο ένας δηλαδή να υποσκάπτει την παρουσία του άλλου στην εξέλιξη της «σύνθεσης»). Έτσι παρατηρούμε συχνά, για παράδειγμα, το ένα όργανο ν’ ακούγεται «μπροστά» και το άλλο να δημιουργεί, σ’ ένα «πίσω» επίπεδο, αλλόκοτες γενικώς καταστάσεις. Αυτή η εναλλαγή προσώπων και ηχοχρωμάτων προσφέρει στο “Lasting Ephemerals” επιπρόσθετους βαθμούς πλαστικότητας, μετατρέποντάς το σ’ ένα συνειδητό άκουσμα για την… μισή οικογένεια.

Στο πλαίσιο των 49ων Δημητρίων, την 7/10/2014 (δηλαδή προχθές), ο Gianni Mimmo μαζί με τον πιανίστα Gianni Lenoci και την ελληνική Plus’ n’ Minus Collective Orchestra θα εμφανίζονταν στην Αίθουσα δοκιμών της Κ.Ο.Θ. (πρώην κινηματογράφος Παλλάς) στη Θεσσαλονίκη. Αν πήγε κάποιος και παρακολούθησε, ας μας πει δυο λόγια…

Mark Corroto – Allboutjazz.com

The Vancouver Tapes might have been called The Lost Recordings had drummer Tiziano Tononi not found this recording at the bottom of a chest he stored it in after his appearance with saxophonist Daniele Cavallanti and bassist William Parker. It was their first ever meeting at the 1999 Vancouver Jazz Festival.

The instant the trio hits the stage the upsurge of energy is palpable. Nay flute, bells, and the dynamo of Parker’s bass ignites the two lengthy sets. While the Milanese musicians Cavallanti and Tononi were long time collaborators, recording the original duo Udu Calls (Splasc(h), 1996), in tribute bands to Rahsaan Roland Kirk, Don Cherry, and Ornette Coleman, and as members of the Italian Instabile Orchestra, this is their first meeting with the heavyweight champion of New York’s free jazz scene.

While the three would reunite for Spirits Up Above (Splasc(h), 2006), this recording, although troubled by less than perfect sound, is a rare treasure.

Parker’s bass inspires the Italians to reach back into the the New York scene that produced the music of Frank Lowe, Albert Ayler, and Marion Brown. Add to that Parker’s association with David S. Ware, and the table was set for some fireworks. Cavallanti has covered several Ayler compositions on his discs; here he freely quotes from the Holy Ghost’s repertoire. Such is the attraction of this trio. They glide between marches, frenetic passages, nursery rhymes, and graceful interactions without fragmentation. Credit Tononi’s inexhaustible supply of percussive devices. He is in constant conversation with Cavallanti and Parker, prodding sounds, rousing flights, and stirring the freedom pot. If this music doesn’t move you, then as they say, “Jack, your dead.”
Track Listing: First Set: Subterranean Streams Of Consciousness; Second Set: Shadows Of The Night.

Personnel: Daniele Cavallanti: tenor saxophone, baritone saxophone, nay flute, bells; William Parker: double bass; Tiziano Tononi: drums, congas, udu drum, gong, bells, whistles.

**** 4 starsThe Vancouver Tapes might have been called The Lost Recordings had drummer Tiziano Tononi not found this recording at the bottom of a chest he stored it in after his appearance with saxophonist Daniele Cavallanti and bassist William Parker. It was their first ever meeting at the 1999 Vancouver Jazz Festival.

The instant the trio hits the stage the upsurge of energy is palpable. Nay flute, bells, and the dynamo of Parker’s bass ignites the two lengthy sets. While the Milanese musicians Cavallanti and Tononi were long time collaborators, recording the original duo Udu Calls (Splasc(h), 1996), in tribute bands to Rahsaan Roland Kirk, Don Cherry, and Ornette Coleman, and as members of the Italian Instabile Orchestra, this is their first meeting with the heavyweight champion of New York’s free jazz scene.

While the three would reunite for Spirits Up Above (Splasc(h), 2006), this recording, although troubled by less than perfect sound, is a rare treasure.

Parker’s bass inspires the Italians to reach back into the the New York scene that produced the music of Frank Lowe, Albert Ayler, and Marion Brown. Add to that Parker’s association with David S. Ware, and the table was set for some fireworks. Cavallanti has covered several Ayler compositions on his discs; here he freely quotes from the Holy Ghost’s repertoire. Such is the attraction of this trio. They glide between marches, frenetic passages, nursery rhymes, and graceful interactions without fragmentation. Credit Tononi’s inexhaustible supply of percussive devices. He is in constant conversation with Cavallanti and Parker, prodding sounds, rousing flights, and stirring the freedom pot. If this music doesn’t move you, then as they say, “Jack, your dead.”
Track Listing: First Set: Subterranean Streams Of Consciousness; Second Set: Shadows Of The Night.

Personnel: Daniele Cavallanti: tenor saxophone, baritone saxophone, nay flute, bells; William Parker: double bass; Tiziano Tononi: drums, congas, udu drum, gong, bells, whistles.

**** 4 stars

Haptikon -Downtown Music Gallery

Haptikon is a set of very-electric-guitar pieces accompanied by computer. Haptikon may be heard as an outgrowth of E#’s Tectonics project. Where Tectonics was a form of psychedelic noise jungle techno played on both saxophones and guitars interacting electronically with computerized grooves and processing, with Haptikon, the focus is on a more melodic and lyrical approach. E# pays homage to improvised traditions in jazz, blues, rock, Indian music, and even country & western! The results are cinematic in scope and give the feeling of a full band. Sharp’s virtuosity on guitar and originality as a composer are in full evidence on Haptikon.

Brio – Acid Cock

Recensione di Acid Cock di Brio, Long Song Records 2014

Da un duo batteria-chitarra, Croato, che si chiama Brio che cosa ti aspetti? Energia, potenza di impatto, improvvisazione a tutta potenza, una cascata di riff uno dietro l’altro, il tutto nel sano rispetto che le regole rockabilly/punk/hard-core/jazz hanno ormai definito. E i Brio rispettano perfettamente queste aspettative: Acid Cock, penso che ogni riferimento sia puramente casuale, è un disco dal forte impatto ritmico e chitarristico, i due musicisti ci danno dentro veramente e non tradiscono minimamente l’attesa fin dall’inizio con una batteria stile “motorik”, una chitarra ora elettrica ora acustica in grado di sfornare sia riff a raffica sia blues devianti stile John Fahey, una voce recitante che declama gli ultimi discorsi di J.F.Kennedy, overdubs e drones in sottofondo a arricchire e a caricare un suon saturo e tiratissimo.
Titolo azzeccato quindi questo Acid Cock che traduce perfettamente l’energia che questo duo, Gordan Krajacic chitarre e Neven Krajacic batteria, percussioni e voce, riesce a catturare e a trasmettere ai suoi ascoltatori. Ennesima ottima scelta da parte della italianissima Long Song Records.

What would you expect by a Croatian guitar-drums duo called Brio? Energy, power impact, frenetic improvisation, a cascade of riffs one after another, all in the healthy respect about rockabilly / punk / hardcore / jazz rules have now defined all over the world. And Brio duo perfectly meet these expectations: Acid Cock, I think that any reference is purely coincidental, it is a record with a hard high rhythmic and guitarist impact, the two musicians struggle hard and really do not betray the slightest expectation from the beginning with a “motorik” style drum, a guitar played now electric and now acoustic able to churn out burning riffs and blues in a John Fahey’s deviant style, a narrator voice who recites the last speeches of John F. Kennedy, overdubs and drones in the background to enrich and load a tight and saturated sound.
So .. we can say that Acid Cock is a perfect title for this cd, a title that perfectly translates the energy that this duo, Gordan Krajacic guitars and Neven Krajacic drums, percussion and vocals, manages to capture and convey to his listeners. Yet another great choice by the Italian Long Song Records.

Lasting Ephemerals -Jazz World

Gianni Mimmo/Alison Blunt
Lasting Ephemerals
Amirani Records AMRN #037-LP1
Barrel
Live at Artacts 12
Idyllic Noise IDNO 009
Playing violin in a Free Music context calls for a certain mindset and set of novel perceptions that are unlike those in so-called classical music or Jazz. While rejecting the enforced prettiness of much popular notated music, a thematic hook has to be there, especially when the fiddler is involved in a non-solo situation. Plus, while eschewing swing for its own sake, the improvisations still have to include motion enough to propel the sounds forward to a coherent stopping point.
Kenyan-born, London-based violinist Alison Blunt, a veteran of experimental confluence with ensembles ranging up to orchestral size, explores these concepts in duo and trio form here. Generic to both programs is a redefinition of staccato techniques. Certainly she and the two other London-based member of the Barrel trio, scratch, slide and scrape so many discordant swells from their 12 strings that those who prefer sweeter tones may regard Live at Artacts 12 as an aural trip wire aimed at upsetting them.
Violinist/violist Ivor Kallin and cellist Hannah Marshall, who are also involved in Free playing with small and large ensembles, including the London Improvisers Orchestra, organize their staccato pacing with Blunt so that Barrel’s performance has an internal logic. The trio is also disarmingly communicative, with some close stropping used for humorous effect and Kallin, especially, wont to let loose with this-side-of daft vocalizing. With the fingerboards, wood finish and tuning scrolls as involved as popping strings in this paroxysm of atonal tones, Kallin’s pseudo-operatic vocals, occasionally doubled by parallel female emulations, adds a needed human element to the corrosive playing. Galloping by at a racetrack pace, the three-part tremolo cooperation frequently reaches measured crescendos. At that point, one of the trio members propels the narrative forward while angled slices from the others scratch out theme variations. By the final sequence verbal interjections have turned to whistles and expressive cries until the track reaches a climax of near-mellowness, only to slide into a forceful wood-wrenching and string-buzzing coda of herky-jerky swats as a nose-thumbing finale.
As temperate soprano saxophone trills meet measured glissandi, at first it appears that the duo of Blunt and Pavia-native reedist Gianni Mimmo is going to aim for the tranquil architecture of contemporary chamber music rather than the building-site chaos of contrapuntal improvising. That idea is soon negated with the speed of a bulldozer knocking down an older dwelling. With “Lasting Ephemerals”, the introductory, title and longest track proving the code for their interaction the piece is soon segmented into spiky and spiccato string-and-bow pops from the violinist and buzzing multiphonics and split tones from the saxophonist. No stranger to experimental sounds, Mimmo has collaborated with the likes of vocalist Jean-Michel van Schouwburg, percussionist Gino Robair in the past.
On this track and throughout however, as with Barrel’s strategy, neither the saxophone reed bites nor the violinist extended techniques ever allow the instant compositions to dissolve into atonality. For every split tone or sul ponticello run crated there’s an equal number of chromatic timbres from one or the other that organically pace the ongoing narrative. In effect even a track such as “Elliptical Birds” where the duo’s intertwined buzzing ascends to a cornucopia of piercing aviary-like textures; sweetened sequences preserve the exposition among the string sprawls and reed multiphonics
Despite the joking oxymoron with which this session is titled, the skill of Blunt and her associates on both discs substantiates the value of and excitement engendered from string-centred Free Music.
—Ken Waxman
Track Listing: Live: 1. if it could speak, it would sound no different 2. three drumlie taistealaichean
Personnel: Live: Alison Blunt (violin); Ivor Kallin (violin and viola) and Hannah Marshall (cello)
Track Listing: Lasting: 1. Lasting Ephemeral 2. Elliptical Birds 3. Scherzo
Personnel: Lasting: Gianni Mimmo (soprano saxophone) and Alison Blunt (violin)

Sauna Session – Blog chitarre e dintorni

“A sweaty summer session of radical free music!” Così cita la nota che accompagna questo Cd dalla grafica tanto insolita quanto bella, opera della bravissima Lucia D’Errico, questa volta in veste non di chitarrista ma di grafica dallo stile psichedelico e lisergico: colori accesi, disegni curiosi, perfino un gatto rosso attrezzato con un occhio solo e una rappresentazione anatomica del corpo umano minimal sorridente.
Per questo cd Piero Bittolo Bon ha ben pensato di trasferire la band (Peter Evans alla tromba, Simone Massaron alla chitarre, Glauco Benedetti alla tuba e Tommaso Cappellato alla batteria) in uno studio attrezzato a sauna (o in una sauna attrezzato a studio di registrazione) nella speranza che i vapori finlandesi ottenuti gettando acqua sulle pietre roventi migliorassero la concentrazione e innalzassero i picchi di creatività a cui i suoi sodali ci hanno da tempo ormai abituati.
Il risultato premia sicuramente la scelta saunistica: si tratta di una vera e propria session musicale ad alta intensità e temperatura. Ci danno tutti dentro di gusto, in particolare i fiati che fanno da “lame apripista” musicali coadiuvati dalla spinta generosa e tenace delle percussioni di Cappellato e dalle invenzioni di Massaron.
Ennesima scelta di qualità da parte della nostrana Long Song Records, ennesimo attestato da parte del jazz italiano. Avanti sempre così, Piero.

“A sweaty summer session of radical free music!” So quotes the note accompanying this CD characterized by an unusual and beautiful graphics, made by the talented Lucia D’Errico, this time quoted not as a guitarist but for her psychedelic graphic style: bright colors, curious design, even a red cat equipped with one eye and an anatomical representation of a smiling minimal human body.
For this cd Piero Bittolo Bon has decided to move the band, Peter Evans (trumpet), Simone Massaron the guitars, Glauco Benedetti tuba) and Tommaso Cappellato (drums), in a studio equipped with sauna (or in a sauna equipped with a recording studio ) in the hope that the Finnish vapors obtained by throwing water on the hot stones would improve concentration and permit high peaks of creativity in which his associates have long since become accustomed.
The result rewards definitely the choice of this steamy and hot free jazz sauna: it is a real musical session defined by high intensity and temperature. All the musicians struggle very hard giving a hot performance, in particularly the “brass area” supported by the thrust generous and tenacious percussion by Cappellato and the guitar inventions by Massaron.
Yet another quality choice by our italian Long Song Records, another certificate from the Italian jazz. Go on, Piero! Never Stop!

Kathodic – Vancouver Tapes

Gli Udu Calls sono Tiziano Tononi e Daniele Cavallanti (batteria e percussioni assortite/sax e ney) con l’aggiunta per l’occasione del contrabbasso di William Parker.
“Vancouver Tapes” documenta il concerto tenuto in Canada per l’International Jazz Festival nel 1999 ed è a suo modo, un piccolo classico.
Nel senso che quel che ascoltiamo, è un’espressione senza tempo, precisa e decisa, furente e ammaliante.
Un cerimoniale afroamericano, eseguito con un’energia ed una competenza (potrebbe esser altrimenti?), da far mangiar la polvere ad intere schiere di giovani leve.
C’è rispetto, infinito senso del ritmo (una tranche della seconda delle due lunghe impro proposte, è irresistibile frenesia), una spirituale e continua ascesa, tensione, un livello di comunicazione interna da far brillare gli occhi, urla, reciproci incitamenti e ben più di un’oncia di Ayler.
Ad ascolto terminato, ci si sente leggeri e rinfrancati.
Un’esibizione clamorosa.Gli Udu Calls sono Tiziano Tononi e Daniele Cavallanti (batteria e percussioni assortite/sax e ney) con l’aggiunta per l’occasione del contrabbasso di William Parker.
“Vancouver Tapes” documenta il concerto tenuto in Canada per l’International Jazz Festival nel 1999 ed è a suo modo, un piccolo classico.
Nel senso che quel che ascoltiamo, è un’espressione senza tempo, precisa e decisa, furente e ammaliante.
Un cerimoniale afroamericano, eseguito con un’energia ed una competenza (potrebbe esser altrimenti?), da far mangiar la polvere ad intere schiere di giovani leve.
C’è rispetto, infinito senso del ritmo (una tranche della seconda delle due lunghe impro proposte, è irresistibile frenesia), una spirituale e continua ascesa, tensione, un livello di comunicazione interna da far brillare gli occhi, urla, reciproci incitamenti e ben più di un’oncia di Ayler.
Ad ascolto terminato, ci si sente leggeri e rinfrancati.
Un’esibizione clamorosa.