E così sembra che ci siamo, l’ombra lunga del weird folk ha raggiunto anche le periferie italiche. Nel 2011 Gino Dal Soler scrisse il libro “The circle is unbroken” dove raccontava 40 anni di folk visionario e psichedelico e del coraggioso recupero che alcuni “manipoli” di appassionati stavano facendo in modo sporadico, anti economico e discontinuo cercando di allargarne nel frattempo le frontiere.
E se la maggior parte di essi appare e scompare nel mare magnum delle possibilità offerte da un mercato che ha ormai raggiunto dimensioni incontrollate, alcuni di essi sono arrivati nel corso di anni di lavoro tenace e paziente a consolidare una solida reputazione guadagnandosi il compito di proseguire sulla strada iniziata dai loro eroi.
Laboule è al suo primo disco ma la “carne” che mette qui sul fuoco è tanta, di ottima qualità e decisamente gustosa. I riferimenti sono quelli di Robbie Basho, visionario chitarrista che riuscì a fondere tra di loro con la sua chitarra acustica a 12 corde blues, musica indiana e pre war folk.
Accordature aperte, un approccio genuino e sincero, canzoni sussurrate, un senso di dilatazione dello spazio attorno alle sue note che affascina e ammalia .. il tempo lasciato sospeso tra le corde di una chitarra acustica.
Registrato in montagna, nella pace e solitudine del rifugio Menaggio questo disco cattura le dimensioni e gli spazi delle valli della Valtellina, Laboule ovvero Paolo Novellino, milanese di nascita, artista di adozione, dimostra una maturità artistica impressionante. Sì, i riferimenti sono Basho, Fahey e la primitive guitar ma Novellino metabolizza e rielabora questo glorioso passato rifiutando di lasciarsi imprigionare e allunga il suo sguardo nelle valli e oltre Milano.
Consigliatissimo
Archivio mensile:Settembre 2013
(English) Gongfarmer 36
Jim McAuley’s second solo release, Gongfarmer 36 is a followup to 2005’s Gongfarmer 18, which introduced the LA guitarist’s avant-acoustica to a wider audience.
A mixture of inner- and outer-spaces, McAuley’s musical cosmology is both sparse and expansive, constrained and amoebic, a sound grounded in bareboned Mississippi Delta slide blues, often hunkering on a single-note drone, yet at the same time embracing an ethic of never-repeat-anything-you-did-before…ever. The results are not easy to describe, but the artistry is palpable. Tracks like “Second Blooming” and “Una Lunga Canzone” evince an affinity for flamenco techniques like rasqueado (finger strums), tremolo and golpas (rapping) whereas “Nika’s Waltz” sounds a bit like the opening of a raga performed on sarod (Indian fretless lute). There are many ‘blue notes’: the microtonal clusters over Travis-picked bass notes on “Blues for John Carter”; the swooping Hawaiian steel slides on “The Eyelids of Buddha” and the diddley- bow triplets of “Saltarello/Jumpstart”. On “Another November Night” McAuley’s unorthodox orchestration mimics a koto while the shuffling and scratching of “Joy Buzzer” are more ambiguous. But these are only approximations of what you might hear for yourself