Rockerilla – Two For Joyce

Serve poco al pianista inglese e al contrabbassista giuliano per trovare la giusta intesa nel nome di Joyce: la traccia unica registrata nel corso de Le Nuove Rotte del Jazz 2012 a Trieste parte da piani apparentemente distanti (sgocciolature free del pianoforte, rimestar di corde sullo sfondo) per sfociare in un dialogo dapprima intimo, poi più vivace e contrastato, sempre attento a un ascolto reciproco che data alla militanza comune nei Viva La Black di Moholo. Tra rimandi e citazioni, accordi ribattuti e arpeggi lirici, camerismo classico e temi folk sudafricani, fragore rumorista e divagazioni ambientali, si procede in un susseguirsi di quadretti vibranti e suggestivi.  GEMMA DI PALPITANTE INTENSITÀ.Serve poco al pianista inglese e al contrabbassista giuliano per trovare la giusta intesa nel nome di Joyce: la traccia unica registrata nel corso de Le Nuove Rotte del Jazz 2012 a Trieste parte da piani apparentemente distanti (sgocciolature free del pianoforte, rimestar di corde sullo sfondo) per sfociare in un dialogo dapprima intimo, poi più vivace e contrastato, sempre attento a un ascolto reciproco che data alla militanza comune nei Viva La Black di Moholo. Tra rimandi e citazioni, accordi ribattuti e arpeggi lirici, camerismo classico e temi folk sudafricani, fragore rumorista e divagazioni ambientali, si procede in un susseguirsi di quadretti vibranti e suggestivi.  GEMMA DI PALPITANTE INTENSITÀ.

labottegadihamlin.it – Dot to Dot

Piccoli fenomeni (italiani) crescono. Che poi, le parentesi qui si possono tranquillamente omettere, perché leLilies on Mars non suonano come le solite cose nostrane. Il che, vista l’ambizione dichiaratamente cosmopolita ed internazionalista del progetto, ostentata sin sin dal debutto (l’omonimo LP del 2008), non può che essere un bene. Messo da parte ogni residuo provincialismo, Dot to dot vola alto. Fa sua la lezione diCocteau Twins, dei songwriter più visionari (Syd Barrett) e degli shoegazer stile Slowdive per imbastire un flusso celestial-ambientale di riverberi, droni, melodiee eteree, visioni oniriche, con testi pregni di “sentimento oceanico”. Rispetto ai predecessori (il succitato debut e Wish you were a pony), le trame sono più eteree, soporifere: meno elettricità, più elettronica. Soprattutto, Lisa Masia e Marina Cristofalo garantiscono una maggiore omogeneità e coesione del loro ordito sonoro: sono praticamente nulli gli sbandamenti, i punti deboli o le incertezze nelle tredici tracce.

Dot to dot, insomma, è un lavoro adulto. Autonomo al punto tale che il featuring di Franco Battiato in Oceanic landscape rischia di risultare quello sì un po’ ridondante. Ma è un eccesso di zelo perdonabile: come fai a dire di no a Battiato, soprattutto se è il tuo mentore e una delle tue influenze dichiarate (sul primo LP le due avevano coverizzato No u turn)? Il tono misticheggiante la fa da padrone in tutto il disco, ma senza pedanterie o forzature: Dram of bees è una delizia di battiti monotoni, vocals fluttuanti e sfumature cupe, con un neppure troppo velato retrogusto folk. L’iterazione ritmica è una delle chiavi di volta di No way, la quale, però, lavora soprattutto su droni e delicati fraseggi di synth per imbastire una nenia celestiale. Una bruma spettrale avvolge anche So far dear America, lenta e solenne, mentre Entre-temps ammalia con una danza persino sensuale, infittita da un nugolo di sei corde tremolanti. Non mancano i passaggi più sporchi: la coda di Interval 2, ad esempio, o Martians, che gioca con pulsazioni new-wave e durezze techno, sospinte da un organo visionario.

Le Lilies on Mars, insomma, si districano tra minimalismi, fuggevolezze ambientali e spasmi d’avanguardia rock-elettronica per cesellare tredici quadretti ricchi di fascino, soprattutto contraddistinti da un tratto personale, articolato in maniera funzionale alle esigenze espressive, dunque non aridamente virtuosistico. Bel passo avanti per un act da seguire, a questo punto, con la massima attenzione.Piccoli fenomeni (italiani) crescono. Che poi, le parentesi qui si possono tranquillamente omettere, perché leLilies on Mars non suonano come le solite cose nostrane. Il che, vista l’ambizione dichiaratamente cosmopolita ed internazionalista del progetto, ostentata sin sin dal debutto (l’omonimo LP del 2008), non può che essere un bene. Messo da parte ogni residuo provincialismo, Dot to dot vola alto. Fa sua la lezione diCocteau Twins, dei songwriter più visionari (Syd Barrett) e degli shoegazer stile Slowdive per imbastire un flusso celestial-ambientale di riverberi, droni, melodiee eteree, visioni oniriche, con testi pregni di “sentimento oceanico”. Rispetto ai predecessori (il succitato debut e Wish you were a pony), le trame sono più eteree, soporifere: meno elettricità, più elettronica. Soprattutto, Lisa Masia e Marina Cristofalo garantiscono una maggiore omogeneità e coesione del loro ordito sonoro: sono praticamente nulli gli sbandamenti, i punti deboli o le incertezze nelle tredici tracce.

 

Dot to dot, insomma, è un lavoro adulto. Autonomo al punto tale che il featuring di Franco Battiato in Oceanic landscape rischia di risultare quello sì un po’ ridondante. Ma è un eccesso di zelo perdonabile: come fai a dire di no a Battiato, soprattutto se è il tuo mentore e una delle tue influenze dichiarate (sul primo LP le due avevano coverizzato No u turn)? Il tono misticheggiante la fa da padrone in tutto il disco, ma senza pedanterie o forzature: Dram of bees è una delizia di battiti monotoni, vocals fluttuanti e sfumature cupe, con un neppure troppo velato retrogusto folk. L’iterazione ritmica è una delle chiavi di volta di No way, la quale, però, lavora soprattutto su droni e delicati fraseggi di synth per imbastire una nenia celestiale. Una bruma spettrale avvolge anche So far dear America, lenta e solenne, mentre Entre-temps ammalia con una danza persino sensuale, infittita da un nugolo di sei corde tremolanti. Non mancano i passaggi più sporchi: la coda di Interval 2, ad esempio, o Martians, che gioca con pulsazioni new-wave e durezze techno, sospinte da un organo visionario.

 

Le Lilies on Mars, insomma, si districano tra minimalismi, fuggevolezze ambientali e spasmi d’avanguardia rock-elettronica per cesellare tredici quadretti ricchi di fascino, soprattutto contraddistinti da un tratto personale, articolato in maniera funzionale alle esigenze espressive, dunque non aridamente virtuosistico. Bel passo avanti per un act da seguire, a questo punto, con la massima attenzione.

shiverwebzine.com – Dot to Dot

“La tua voce come il coro delle sirene di Ulisse m’incatena”. Per parlare delle Lilies on Mars e del loro nuovo lavoroDot to dot è quasi d’obbligo iniziare citando un verso diFranco Battiato, per tre motivi. Uno: con il maestro siciliano le conterranee Lilies On Mars hanno collaborato aprendo anche alcuni suoi concerti, Due: Battiato restituisce il favore duettando con loro nel singolo, “Oceanic Landscape”, aggiungendo la sua mistica e profonda voce a un pezzo che gli somiglia moltissimo, ma che le due Lilies On Mars rendono ancor più onirico e rarefatto. Tre: le ragazze siciliane sono due Sirene, per l’uso della voce che incatena per psichedelica e intensa dolcezza, splendidamente freddata da effetti elettronici e sintetici di grande raffinatezza.

Rispedito a New York Matthew Parker e la sua influenza cantautorale Usa, il duo al femminile rivendica tutta la sua forza ammaliatrice e sfodera un potente dream pop dal sintetizzatore facile, con altezze shoegaze che richiamano gli Slowdive. Non c’è malinconia, troppa è la perfezione. C’è un viaggio onirico, c’è la droga delle Sirene, la voglia di sbattere sugli scogli pur di ascoltare. È un disco quasi malvagio nel suo intimo e disarmante splendore: il perfetto specchio d’acqua in cui annegare. Lisa Masia e Marina Cristofaro, però, hanno molta perfezione greca ma poco di mediterraneo. Il loro sguardo punta a Nord, attraversa la Manica, guarda alle fredde terre d’Islanda, alla rarefatta Germania dei Lali Puna, all’Europa più algida e sperimentatrice che ha tra le sue colonne i Cocteau Twins e i Dead Can Dance. Solo la voce di Battiato in “Oceanic Landscape” riesce a riportare il caldo della Sicilia tra le altre nordiche tracce.

Splendide di pop peraltro, come in “No way”, tra i brani più immediatamente dreamy, in cui le due Sirene cantano e controcantano su un tappeto elettronico che ha il ritmo di un cavallo a dondolo. “So far dear America” è invece un volo sulle ali di un falco, tanto porta in alto: così lontana, cara America, non lo sei stata quasi mai, perchè qui si guarda perfino verso Oriente, e le sonorità si colorano all’improvviso, e sul finale, di un color ghiaccio decisamente vocalizzato alla Bjork. Il cambio di registro del pezzo innesca il grido più cupo delle Sirene, che tinge d’oscuro il dream-pop fin qui sognato, con le distorsioni elettroniche di Interval 2″ ad annunciare un lieve cambio di tono con “Sugar is gone” che si fa più electro-dark in “For the first 3 years”, ipnotico pezzo in cui, ma ci se ne accorge dopo un po’, il cantato è in italiano.“Martians” è un viaggio nello psychospazio e chiude il dolce e malvagio album, che è un vero e proprio trip, di roba buona, e legale.“La tua voce come il coro delle sirene di Ulisse m’incatena”. Per parlare delle Lilies on Mars e del loro nuovo lavoroDot to dot è quasi d’obbligo iniziare citando un verso diFranco Battiato, per tre motivi. Uno: con il maestro siciliano le conterranee Lilies On Mars hanno collaborato aprendo anche alcuni suoi concerti, Due: Battiato restituisce il favore duettando con loro nel singolo, “Oceanic Landscape”, aggiungendo la sua mistica e profonda voce a un pezzo che gli somiglia moltissimo, ma che le due Lilies On Mars rendono ancor più onirico e rarefatto. Tre: le ragazze siciliane sono due Sirene, per l’uso della voce che incatena per psichedelica e intensa dolcezza, splendidamente freddata da effetti elettronici e sintetici di grande raffinatezza.

Rispedito a New York Matthew Parker e la sua influenza cantautorale Usa, il duo al femminile rivendica tutta la sua forza ammaliatrice e sfodera un potente dream pop dal sintetizzatore facile, con altezze shoegaze che richiamano gli Slowdive. Non c’è malinconia, troppa è la perfezione. C’è un viaggio onirico, c’è la droga delle Sirene, la voglia di sbattere sugli scogli pur di ascoltare. È un disco quasi malvagio nel suo intimo e disarmante splendore: il perfetto specchio d’acqua in cui annegare. Lisa Masia e Marina Cristofaro, però, hanno molta perfezione greca ma poco di mediterraneo. Il loro sguardo punta a Nord, attraversa la Manica, guarda alle fredde terre d’Islanda, alla rarefatta Germania dei Lali Puna, all’Europa più algida e sperimentatrice che ha tra le sue colonne i Cocteau Twins e i Dead Can Dance. Solo la voce di Battiato in “Oceanic Landscape” riesce a riportare il caldo della Sicilia tra le altre nordiche tracce.

Splendide di pop peraltro, come in “No way”, tra i brani più immediatamente dreamy, in cui le due Sirene cantano e controcantano su un tappeto elettronico che ha il ritmo di un cavallo a dondolo. “So far dear America” è invece un volo sulle ali di un falco, tanto porta in alto: così lontana, cara America, non lo sei stata quasi mai, perchè qui si guarda perfino verso Oriente, e le sonorità si colorano all’improvviso, e sul finale, di un color ghiaccio decisamente vocalizzato alla Bjork. Il cambio di registro del pezzo innesca il grido più cupo delle Sirene, che tinge d’oscuro il dream-pop fin qui sognato, con le distorsioni elettroniche di Interval 2″ ad annunciare un lieve cambio di tono con “Sugar is gone” che si fa più electro-dark in “For the first 3 years”, ipnotico pezzo in cui, ma ci se ne accorge dopo un po’, il cantato è in italiano.“Martians” è un viaggio nello psychospazio e chiude il dolce e malvagio album, che è un vero e proprio trip, di roba buona, e legale.