Presentazione disco Tongs!!!

Longsong Records vi invita a partecipare alla serata di presentazione del disco “JAZZ WITH THE MEGAPHONE?” dei TONGS.
Il concerto si terrà Venerdì 27 Novembre presso la Casa di Alex (Alex Extea) in via Moncalieri 5, Milano (zona Niguarda) – ore 22.00.

  • Carlo Garof: drums&percussion, objects, sinori (thunder sheet), megaphone, live electronics
  • Antonio Bertoni: double bass, electric bass, effect, sampler
  • Luca Serrapiglio: baritone sax, tenor sax, bass clarinet, lo-fi electronics

Sosteniamo la buona musica! Vi aspettiamo numerosi.

A presto

Porno Jazz – Downtown Music Gallery

Alleged personnel: Turtle Milazzo on soprano sax, Mr. Foot Job on guitars, Whiskey San Martino on violin, Aramis Bitonto on mahai metak, koto & oscillators, Ruby Gramsci on electric bass and Tigro Moro on drums. I wasn’t so sure about this when we got this promo in stock last month. What kind of name for Italian improv(?) band is “Porno Jazz” and why are they using fake names for their personnel? Hmmmm. The writing on the cover is in hot pink and there is a condom on the letter “J”. Very odd.
I would think that some of these musicians can be heard on the other discs from the same Long Song label, especially since there is someone playing a “mahai metak”. No idea what that is. Anyway. Some of the music it turns out is spirited jazz/rock, with a hard rockin’ rhythm team and wailing violin & guitar & some unnerving oscillator squeals. This reminds me of Pere Ubu minus the vocals. “Urb” sounds like the producer is adding unexpected echoes to the already jittery percussion and twisted guitar sounds. It often sounds as if there is something wrong with the disc or is it my player? Is that digital distortion or is the sound supposed to break up? Only those Porno Jazz Stars know for sure. Although I find some of this mildly disturbing soundwise, there is something intriguing about not knowing exactly what is going on or if this is supposed to sound this way. I have to admit that I do dig that weird stuff. Who else but yours truly would hold on to his ultra-rare LP by the Deep Freeze Mice instead of selling it on E-bay for $500.?!? – Bruce Lee Gallanter of Downtown Music Gallery, that’s who!Alleged personnel: Turtle Milazzo on soprano sax, Mr. Foot Job on guitars, Whiskey San Martino on violin, Aramis Bitonto on mahai metak, koto & oscillators, Ruby Gramsci on electric bass and Tigro Moro on drums. I wasn’t so sure about this when we got this promo in stock last month. What kind of name for Italian improv(?) band is “Porno Jazz” and why are they using fake names for their personnel? Hmmmm. The writing on the cover is in hot pink and there is a condom on the letter “J”. Very odd.
I would think that some of these musicians can be heard on the other discs from the same Long Song label, especially since there is someone playing a “mahai metak”. No idea what that is. Anyway. Some of the music it turns out is spirited jazz/rock, with a hard rockin’ rhythm team and wailing violin & guitar & some unnerving oscillator squeals. This reminds me of Pere Ubu minus the vocals. “Urb” sounds like the producer is adding unexpected echoes to the already jittery percussion and twisted guitar sounds. It often sounds as if there is something wrong with the disc or is it my player? Is that digital distortion or is the sound supposed to break up? Only those Porno Jazz Stars know for sure. Although I find some of this mildly disturbing soundwise, there is something intriguing about not knowing exactly what is going on or if this is supposed to sound this way. I have to admit that I do dig that weird stuff. Who else but yours truly would hold on to his ultra-rare LP by the Deep Freeze Mice instead of selling it on E-bay for $500.?!? – Bruce Lee Gallanter of Downtown Music Gallery, that’s who!

Dandelions On Fire – chitarraedintorni.blogspot.com/

Immagine poetica quella dei fiori di tarassaco (detti volgarmente “soffioni”) che bruciano, un fiore così impalpabile così etereo che brucia, che si consuma letteralmente in una vampata, senza lasciare cenere,senza lasciare neanche una traccia annerita.
Un’immagine potente per intitolare uno dei dischi di canzoni più belli che ho avuto modo di ascoltare quest’anno, anzi, al diavolo la prudenza, il più bello. Sì perché scrivere e mettere in musica canzoni non è mica facile, provatevi voi a cantare per l’ennesima volta i soliti temi universali, della tristezza, dell’amore, dell’odio, della difficoltà di vivere rimanendo originali, inventando qualcosa di nuovo, senza cadere nel banale o nel già sentito. Mica facile, ci vogliono muscoli e testa, intelligenza e sensibilità, e un gran coraggio: insomma bisogna essere artisti, artisti nel senso di chi senza bisogno di altro che una voce e una chitarra che la accompagni è capace, così, senza sovrastrutture, senza tante menate intellettualistiche, di incatenarti a una sedia, di invadere la tua testa con una musica scura, passionale, arrabbiata, contorta come può essere questo blues metropolitano, che arriva dritto dal passato, come può esserla la voce roca, sensuale e vissuta di Carla Bozulich e la chitarra intrigante, potente, valvolare e carica di Simone Massaron.
Mettetevi comodi, non si scappa, in fin dei conti sono solo 9 canzoni, nove, a dimostrazione del buon gusto di chi sa evitare dischi prolissi che sciupano i buoni contenuti, annacquandoli inutilmente. Ogni nota è decisa, ogni strofa cantata, sputata con intenzione, senza rimorsi e senza rimpianti, con una trasparenza e una sincerità che ti lascia senza fiato.
L’avesse fatto Tom Waits questo disco sarei a gridare all’ennesimo miracolo di un grande artista e mi troverei a cercare di non copiare tonnellate di altre recensioni, giustamente, entusiastiche, ma l’ha fatto un italiano, con una band dietro di fronte a cui è d’obbligo levarsi il cappello e con una cantante che fa persino paura. E allora? E allora mi arrabbio, mi arrabbio perché una musica del genere non viene giustamente celebrata, esaltata a dimostrazione che anche noi italiano sappiamo fare belle cose, che non c’è sempre bisogno dell’eterno ritornello chitarra-pizza-mandolino, che siamo nel XXI secolo e che sono stufo dell’ennesima Carta-accia che mi gira attorno proposta dagli Amici giusti con il Fattore X cucito adosso.
Good bye America, sei sempre lontana, ma questa volta non cerco di raggiungerti neanche con la musica, la Musica è già qui.
E se non mi credete provate a ballare come un lento Dandelions on Fire con la persona che amate … a luci spente, per favore.Immagine poetica quella dei fiori di tarassaco (detti volgarmente “soffioni”) che bruciano, un fiore così impalpabile così etereo che brucia, che si consuma letteralmente in una vampata, senza lasciare cenere,senza lasciare neanche una traccia annerita.
Un’immagine potente per intitolare uno dei dischi di canzoni più belli che ho avuto modo di ascoltare quest’anno, anzi, al diavolo la prudenza, il più bello. Sì perché scrivere e mettere in musica canzoni non è mica facile, provatevi voi a cantare per l’ennesima volta i soliti temi universali, della tristezza, dell’amore, dell’odio, della difficoltà di vivere rimanendo originali, inventando qualcosa di nuovo, senza cadere nel banale o nel già sentito. Mica facile, ci vogliono muscoli e testa, intelligenza e sensibilità, e un gran coraggio: insomma bisogna essere artisti, artisti nel senso di chi senza bisogno di altro che una voce e una chitarra che la accompagni è capace, così, senza sovrastrutture, senza tante menate intellettualistiche, di incatenarti a una sedia, di invadere la tua testa con una musica scura, passionale, arrabbiata, contorta come può essere questo blues metropolitano, che arriva dritto dal passato, come può esserla la voce roca, sensuale e vissuta di Carla Bozulich e la chitarra intrigante, potente, valvolare e carica di Simone Massaron.
Mettetevi comodi, non si scappa, in fin dei conti sono solo 9 canzoni, nove, a dimostrazione del buon gusto di chi sa evitare dischi prolissi che sciupano i buoni contenuti, annacquandoli inutilmente. Ogni nota è decisa, ogni strofa cantata, sputata con intenzione, senza rimorsi e senza rimpianti, con una trasparenza e una sincerità che ti lascia senza fiato.
L’avesse fatto Tom Waits questo disco sarei a gridare all’ennesimo miracolo di un grande artista e mi troverei a cercare di non copiare tonnellate di altre recensioni, giustamente, entusiastiche, ma l’ha fatto un italiano, con una band dietro di fronte a cui è d’obbligo levarsi il cappello e con una cantante che fa persino paura. E allora? E allora mi arrabbio, mi arrabbio perché una musica del genere non viene giustamente celebrata, esaltata a dimostrazione che anche noi italiano sappiamo fare belle cose, che non c’è sempre bisogno dell’eterno ritornello chitarra-pizza-mandolino, che siamo nel XXI secolo e che sono stufo dell’ennesima Carta-accia che mi gira attorno proposta dagli Amici giusti con il Fattore X cucito adosso.
Good bye America, sei sempre lontana, ma questa volta non cerco di raggiungerti neanche con la musica, la Musica è già qui.
E se non mi credete provate a ballare come un lento Dandelions on Fire con la persona che amate … a luci spente, per favore.

Tongs – BlowUp

Un debutto al di sopra della media per un power trio nostrano che c’è da sperare abbia la forza per continuare a sperimentare senza rinchiudersi nell’ormai comodo recinto della commistione dei generi. A Carlo Garof (batteria e percussioni), Antonio Bertoni (basso) e Luca Serrapiglio (sassofoni ed elettronica) non manca l’intensità collettiva, ma si fanno preferire nei brani circospetti e studiati (Lifting Tools, Polly Polka), in cui uno solo degli strumentisti mena la danza. (6/7)Un debutto al di sopra della media per un power trio nostrano che c’è da sperare abbia la forza per continuare a sperimentare senza rinchiudersi nell’ormai comodo recinto della commistione dei generi. A Carlo Garof (batteria e percussioni), Antonio Bertoni (basso) e Luca Serrapiglio (sassofoni ed elettronica) non manca l’intensità collettiva, ma si fanno preferire nei brani circospetti e studiati (Lifting Tools, Polly Polka), in cui uno solo degli strumentisti mena la danza. (6/7)