Your Very Eyes – ilcibicida.com

Mica ci stupiamo se un prodotto firmato Xabier Iriondo ed etichettato Wallace Records riesce a spiazzarci ogni volta. Anzi, se ci pensate è ancora più difficile: perché – chi conosce almeno un po’ delle ultime cose di Xabier (Polvere, Uncode Duello, A Short Apnea, Tasaday), ha visitato il suo negozio/laboratorio a Milano “SoundMetak” (dove vende strumenti rarissimi e improvvisa performance) ed è conscio del rooster sempre così sperimentale della banda di Mirko Spino – si approccia ad un loro prodotto con diverse difese immunitarie. Difese che però vengono puntualmente messe kappaò. Per questo nuovo lavoro dal titolo Your Very Eyes, Iriondo è in compagnia del sassofonista Gianni Mimmo (però non è nuova la loro collaborazione); insieme decidono di portare le loro esperienze musicali tra le mura della chiesa di S. Lucia delle Malve (X Secolo, tra i sassi di Matera) essenzialmente per due motivazioni, come spiegano nella presentazione al disco: “La prima è di ordine acustico. La pietra di quei luoghi è sonora e reagisce in modo molto interessante alle sollecitazioni timbriche. La seconda è quella vera. C’è necessità di una sorta di celebrazione di questo tentativo di creazione di un meta-linguaggio”. Il risultato naturalmente ha il sapore complesso dell’avanguardia. Un gusto fatto di contrasti, incontri/scontri e minimalismo. Rumori contro sax soprano, mahai metak (chitarra da tavolo a dieci corde) contro il silenzio della pietra, taisho koto (strumento a corda giapponese) contro qualche diavoleria lo-fi. Passato (la chiesa rupestre del X Secolo) contro presente, anzi futuro (la mescolanza di e tra “suoni nuovi”). Il tutto a creare quel “meta-linguaggio” di cui parlano i due autori. Un codice sonoro che mescola le due esperienze: classica e jazz quella di Gianni Mimmo. Avanguardia rock quella di Xabier Iriondo. Lunghe e sinuose session, di silenzi e suoni. Dunque “Your Very Eyes” è soprattutto un laboratorio sonoro. Un contenitore di suite che affascinano fino a stancare. Un progetto di musica senza steccati.Mica ci stupiamo se un prodotto firmato Xabier Iriondo ed etichettato Wallace Records riesce a spiazzarci ogni volta. Anzi, se ci pensate è ancora più difficile: perché – chi conosce almeno un po’ delle ultime cose di Xabier (Polvere, Uncode Duello, A Short Apnea, Tasaday), ha visitato il suo negozio/laboratorio a Milano “SoundMetak” (dove vende strumenti rarissimi e improvvisa performance) ed è conscio del rooster sempre così sperimentale della banda di Mirko Spino – si approccia ad un loro prodotto con diverse difese immunitarie. Difese che però vengono puntualmente messe kappaò. Per questo nuovo lavoro dal titolo Your Very Eyes, Iriondo è in compagnia del sassofonista Gianni Mimmo (però non è nuova la loro collaborazione); insieme decidono di portare le loro esperienze musicali tra le mura della chiesa di S. Lucia delle Malve (X Secolo, tra i sassi di Matera) essenzialmente per due motivazioni, come spiegano nella presentazione al disco: “La prima è di ordine acustico. La pietra di quei luoghi è sonora e reagisce in modo molto interessante alle sollecitazioni timbriche. La seconda è quella vera. C’è necessità di una sorta di celebrazione di questo tentativo di creazione di un meta-linguaggio”. Il risultato naturalmente ha il sapore complesso dell’avanguardia. Un gusto fatto di contrasti, incontri/scontri e minimalismo. Rumori contro sax soprano, mahai metak (chitarra da tavolo a dieci corde) contro il silenzio della pietra, taisho koto (strumento a corda giapponese) contro qualche diavoleria lo-fi. Passato (la chiesa rupestre del X Secolo) contro presente, anzi futuro (la mescolanza di e tra “suoni nuovi”). Il tutto a creare quel “meta-linguaggio” di cui parlano i due autori. Un codice sonoro che mescola le due esperienze: classica e jazz quella di Gianni Mimmo. Avanguardia rock quella di Xabier Iriondo. Lunghe e sinuose session, di silenzi e suoni. Dunque “Your Very Eyes” è soprattutto un laboratorio sonoro. Un contenitore di suite che affascinano fino a stancare. Un progetto di musica senza steccati.

Your Very Eyes – kathodik.it

Concepito al chiarore della prima alba, “Your Very Eyes” è un importante colloquio tra due sensibilità musicali, tanto estreme e mai come ora disposte a svelarsi reciprocamente le proprie emozioni più segrete. Un incontro-contrasto di estetiche sperimentali che ha vita in un giorno ben preciso, all’interno di un luogo primordiale, incavato nei primigeni anfratti-rocciosi di Matera: la chiesa di Santa Maria alle Malve, risalente al X° secolo, e la grezza-arcaica conformazione su cui è levata, le consente di avere le pareti ricche di cavità porose, di brusche aperture che, secondo le diverse posizioni predisposte per la registrazione, causeranno più di un effetto esterno sulla resa sonora finale.
Gianni Mimmo e Xabier Iriondo non erano nuovi a collaborare insieme, ma questa registrazione in pieno Solstizio d’Estate è la prima parentesi dove i due improvvisano senza altre presenze. Tanto per ricordare, sempre per Amirani era venuto alla luce il progetto audio-visivo “KURSK _ Truth In The End”, destinato a rievocare in chiave artistica la drammatica epopea del sottomarino russo, esploso ed inghiottito con il suo equipaggio dai mari del Nord; in quell’occasione, la coppia Mimmo-Iriondo (quest’ultimo era alle prese con i soli live-electronics) fu affiancata da Angelo Contini al trombone.
Il sax soprano, come sempre, impegna da solo tutto il tempo e la concentrazione di Mimmo; anche per questo lavoro, ho letto molti elogi nei confronti del sassofonista, tutti più o meno in sintonia nell’inquadrare le sue posizioni armoniche ‘incastonate’ nel ricordo di Steve Lacy. Sicuramente, anche il sottoscritto, tempo fa, rimarcò questa facile concordanza di temi e forme con il fine-soprano dell’americano, ma va sottolineato che proprio in “Your Very Eyes” i timbri di Mr Amirani vanno ben oltre, evolvendo in qualcosa di diverso e più acuto. Iriondo è seguito da un’amplificazione lo-fi e dalla presenza di due compagni sicuramente originali, il Mahai Metak (auto-invenzione elettrica, formata da legno, metallo ed elettroniche) e il Taisho Koto (oggetto appartenente alla famiglia delle corde nato nel Sol Levante), entrambi strumenti dalla corposità esotica, trascendente, atti a coprire le spalle dei secchi fiati con ampissimi ventagli armonici, in cui la policromia è nitida come una mattina di cielo primaverile, senza ombra di foschia.
I luoghi ‘impraticabili’ dell’improvvisata non adescano all’istante i protagonisti, visti gli inizi abbondanti di Psalm of Days: escursione minimalista che sfiora distrattamente nel proprio mezzo i canovacci della ballata dai gesti freak-a-delici. Ma, la parvenza velata di un meccanismo alla Taj Mahal Travellers, come per magia, cederà subito gli onori a raffinatezze-estemporanee: il canto solitario del soprano agganciato, superato e sovrastato completamente da una matassa non-invadente di corde metalliche ed elettroniche ferrose (Side Voice); la lotta interiore tra un fraseggio pulito, notturno e reiterato come una leggera ossessione, disarmonizzato da sospiri e soffi d’ansia (la title track); le interiora del soprano, le sue acute voragini abbrancate da tediose impronte micro-noise (Several Calls And A Perfect Pair Of Opinione); le gracili spatolate, gli improvvisi dissapori di Xavier che (per)seguono a distanza le infinite malinconie jazz di Mimmo (Nostos Algos). Un apparato scenico d’interazione elettro-acustica protratto a dovere, che diviene copione fisso (e riuscito) per le riflessioni impro en passant di Sub-Sequence, per gli indecifrabili bisbigli in Barn Swallow, per una posizione condivisa della dissonanza di Cirmustance And Sacrifice / Eye Tray…
Si è fatto giorno, il sole è ormai vivo e intenso, la spiritualità lancia gli ultimi influssi sul finire con Completion dove erge orgogliosa l’origine nipponica del Taisho Koto. Un altro capitolo seminale della free-music italiana, co-prodotto a piene forze da casa Amirani, Wallace, Phonometak Lab e LongSong Records.Concepito al chiarore della prima alba, “Your Very Eyes” è un importante colloquio tra due sensibilità musicali, tanto estreme e mai come ora disposte a svelarsi reciprocamente le proprie emozioni più segrete. Un incontro-contrasto di estetiche sperimentali che ha vita in un giorno ben preciso, all’interno di un luogo primordiale, incavato nei primigeni anfratti-rocciosi di Matera: la chiesa di Santa Maria alle Malve, risalente al X° secolo, e la grezza-arcaica conformazione su cui è levata, le consente di avere le pareti ricche di cavità porose, di brusche aperture che, secondo le diverse posizioni predisposte per la registrazione, causeranno più di un effetto esterno sulla resa sonora finale.
Gianni Mimmo e Xabier Iriondo non erano nuovi a collaborare insieme, ma questa registrazione in pieno Solstizio d’Estate è la prima parentesi dove i due improvvisano senza altre presenze. Tanto per ricordare, sempre per Amirani era venuto alla luce il progetto audio-visivo “KURSK _ Truth In The End”, destinato a rievocare in chiave artistica la drammatica epopea del sottomarino russo, esploso ed inghiottito con il suo equipaggio dai mari del Nord; in quell’occasione, la coppia Mimmo-Iriondo (quest’ultimo era alle prese con i soli live-electronics) fu affiancata da Angelo Contini al trombone.
Il sax soprano, come sempre, impegna da solo tutto il tempo e la concentrazione di Mimmo; anche per questo lavoro, ho letto molti elogi nei confronti del sassofonista, tutti più o meno in sintonia nell’inquadrare le sue posizioni armoniche ‘incastonate’ nel ricordo di Steve Lacy. Sicuramente, anche il sottoscritto, tempo fa, rimarcò questa facile concordanza di temi e forme con il fine-soprano dell’americano, ma va sottolineato che proprio in “Your Very Eyes” i timbri di Mr Amirani vanno ben oltre, evolvendo in qualcosa di diverso e più acuto. Iriondo è seguito da un’amplificazione lo-fi e dalla presenza di due compagni sicuramente originali, il Mahai Metak (auto-invenzione elettrica, formata da legno, metallo ed elettroniche) e il Taisho Koto (oggetto appartenente alla famiglia delle corde nato nel Sol Levante), entrambi strumenti dalla corposità esotica, trascendente, atti a coprire le spalle dei secchi fiati con ampissimi ventagli armonici, in cui la policromia è nitida come una mattina di cielo primaverile, senza ombra di foschia.
I luoghi ‘impraticabili’ dell’improvvisata non adescano all’istante i protagonisti, visti gli inizi abbondanti di Psalm of Days: escursione minimalista che sfiora distrattamente nel proprio mezzo i canovacci della ballata dai gesti freak-a-delici. Ma, la parvenza velata di un meccanismo alla Taj Mahal Travellers, come per magia, cederà subito gli onori a raffinatezze-estemporanee: il canto solitario del soprano agganciato, superato e sovrastato completamente da una matassa non-invadente di corde metalliche ed elettroniche ferrose (Side Voice); la lotta interiore tra un fraseggio pulito, notturno e reiterato come una leggera ossessione, disarmonizzato da sospiri e soffi d’ansia (la title track); le interiora del soprano, le sue acute voragini abbrancate da tediose impronte micro-noise (Several Calls And A Perfect Pair Of Opinione); le gracili spatolate, gli improvvisi dissapori di Xavier che (per)seguono a distanza le infinite malinconie jazz di Mimmo (Nostos Algos). Un apparato scenico d’interazione elettro-acustica protratto a dovere, che diviene copione fisso (e riuscito) per le riflessioni impro en passant di Sub-Sequence, per gli indecifrabili bisbigli in Barn Swallow, per una posizione condivisa della dissonanza di Cirmustance And Sacrifice / Eye Tray…
Si è fatto giorno, il sole è ormai vivo e intenso, la spiritualità lancia gli ultimi influssi sul finire con Completion dove erge orgogliosa l’origine nipponica del Taisho Koto. Un altro capitolo seminale della free-music italiana, co-prodotto a piene forze da casa Amirani, Wallace, Phonometak Lab e LongSong Records.

Your Very Eyes – Cadence

Recorded in the resonant space of Santa Lucia alle Malve, this is a wide open and sat times cavernous sounding duo encounter featuring the Trevor watts-inclined soprano of Mimmo exchanging ideas with multi-instrumentalist Iriondo.
The latter gets some paino and electric guitar effects going from his koto, occasionally adding some electronic grit to the mix as well (though it’s a bit perfunctory and unispiring on “Nostos Algos”), as Mimmo patiently extrapolates ideas and hews together lines or long tones.
The contrast between studied relative cool from the saxophonist and rambunctous noise –making( string scrapings, preparations, or even some unsetting heavy breathing on the title track) from Iriondo is a enjoyable one.
Sometimes you can hear stomps and thuds around the church interio, which makes for a nice effect, as does the bird-calls from both players on “Barn Swallows”.
Somehow, though, the quality that came through most clearly( on “Several Calls” in particular) was of an almost aquatic effect that recalls the Tony Oxley- Alan Davie partnership.
An interesting and idiosyncratic record.Recorded in the resonant space of Santa Lucia alle Malve, this is a wide open and sat times cavernous sounding duo encounter featuring the Trevor watts-inclined soprano of Mimmo exchanging ideas with multi-instrumentalist Iriondo.
The latter gets some paino and electric guitar effects going from his koto, occasionally adding some electronic grit to the mix as well (though it’s a bit perfunctory and unispiring on “Nostos Algos”), as Mimmo patiently extrapolates ideas and hews together lines or long tones.
The contrast between studied relative cool from the saxophonist and rambunctous noise –making( string scrapings, preparations, or even some unsetting heavy breathing on the title track) from Iriondo is a enjoyable one.
Sometimes you can hear stomps and thuds around the church interio, which makes for a nice effect, as does the bird-calls from both players on “Barn Swallows”.
Somehow, though, the quality that came through most clearly( on “Several Calls” in particular) was of an almost aquatic effect that recalls the Tony Oxley- Alan Davie partnership.
An interesting and idiosyncratic record.

Ensemble Rough

Ensemble Rough 01
Ensemble Rough 02
Ensemble Rough 03
Ensemble Rough 04
Ensemble Rough 05
Ensemble Rough 06
Ensemble Rough 07
Ensemble Rough 08
Ensemble Rough 09
Ensemble Rough 10
Ensemble Rough 11
Ensemble Rough 12
Progetto di improvvisazione LS Style!

Xabier Iriondo: electric guitar, table guitar ,max dsp.
Fabio Mercuri: electric guitar
Simone Valbonetti: electric and acoustic guitar
Angelo avogadri: electric guitar, flute, eventide.
Roberto romano: sax, flutes.
Enrico gabrielli: bass clarinet,flutes.
Pacho: drums and percussions.
Sebastiano de Gennaro snare, marimba and percussions.
Max Peri: percussions
Gianluca Mancini: rhodes,keyboards.
Andrea Viti: electric bass, percussions.Ensemble Rough 01

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Ensemble Rough 08

Ensemble Rough 09

Ensemble Rough 10

Ensemble Rough 11

Ensemble Rough 12

LS Style Impro project!

Xabier Iriondo: electric guitar, table guitar ,max dsp.

Fabio Mercuri: electric guitar

Simone Valbonetti: electric and acoustic guitar

Angelo avogadri: electric guitar, flute, eventide.

Roberto romano: sax, flutes.

Enrico gabrielli: bass clarinet,flutes.

Pacho: drums and percussions.

Sebastiano de Gennaro snare, marimba and percussions.

Max Peri: percussions

Gianluca Mancini: rhodes,keyboards.

Andrea Viti: electric bass, percussions.

Craig Green + David King – DMG

Featuring Craig Green on acoustic & electric guitars, electronics & compositions and Dave King on drums, percussion, vibes & piano. Although I had not heard of Craig Green before this disc, no doubt many know of the great drummer Dave King from the super-popular Bad Plus and Happy Apple. Starting with “Thin Blue Ice” which features stark piano and distant spooky drones. On “Faux Hawk,” Craig has a dark, sort-of Marc Ducret-like tone with some slow shredding guitar while David plays fine marching, jazz/rock drums. Craig plays some spacy, liquid-sounding guitar sounds on “Part 2” while David plays some crafty metal percussion. Dave also plays some melodic, bluesy piano on a few of these pieces while Craig plays some superb, subtle jazz guitar. On each piece, both players change their sound or approach so that each piece sounds different. While David plays stark drums on “Rock, Paper, Scissors,” Craig switches between acoustic and electric guitars to create different layers or textures. Rubbing the strings, eerie swirls of feedback and harmonics suspended in the air all add a mysterious vibe to this haunting piece. What I dig about this disc is the way both players don’t depend on any obvious melodic cliches but rather create music with focused sounds. Much of this disc has a more cinematic vibe, painting pictures and setting up certain scenes. A long and varied journey to some unexpected places.Featuring Craig Green on acoustic & electric guitars, electronics & compositions and Dave King on drums, percussion, vibes & piano. Although I had not heard of Craig Green before this disc, no doubt many know of the great drummer Dave King from the super-popular Bad Plus and Happy Apple. Starting with “Thin Blue Ice” which features stark piano and distant spooky drones. On “Faux Hawk,” Craig has a dark, sort-of Marc Ducret-like tone with some slow shredding guitar while David plays fine marching, jazz/rock drums. Craig plays some spacy, liquid-sounding guitar sounds on “Part 2” while David plays some crafty metal percussion. Dave also plays some melodic, bluesy piano on a few of these pieces while Craig plays some superb, subtle jazz guitar. On each piece, both players change their sound or approach so that each piece sounds different. While David plays stark drums on “Rock, Paper, Scissors,” Craig switches between acoustic and electric guitars to create different layers or textures. Rubbing the strings, eerie swirls of feedback and harmonics suspended in the air all add a mysterious vibe to this haunting piece. What I dig about this disc is the way both players don’t depend on any obvious melodic cliches but rather create music with focused sounds. Much of this disc has a more cinematic vibe, painting pictures and setting up certain scenes. A long and varied journey to some unexpected places.

The Ill-Tempered Piano – The Wire

That unfeasibly complex machine, the piano, has evolved to the point where silky smooth sound and microscopically engineered response are taken for granted. A clavichord player like Brighton’s Paul Simmonds might remind us, however, how clunk and clank were an integral part of early keyboard music. Now Italian pianist Nicola Cipani tackles a score of low maintenance New Yorkjunkheaps, the kind of instrument that would elicit foaming-at-the-mouth fury from a touring concert pianist were he to find one on his stage. There’s playful fun and considerable style in this sequence of 24 short pieces. Cipani has to establish a relationship with each battered beast, and he plays with real appreciation of the unique qualities of a particular neglected instrument. Sometimes he works from the keyboard: “La Deutsche Vita” is a tune rendered woozily unrecognisable by extreme tuning problems. Other times he climbs inside and works like a percussionist, with an impressive range of techniques. Pitches shimmer and slide as Cipani wields a bottleneck device, and “Accent Elimination 1” sounds like subtle application of a tremolo effect – or maybe that actually is a clavichord, where pressure on the keys can vibrate the strings. “Paramour” is very effective, riffing on notes so broken as to be almost silent. Other tracks, like opener “Body Hair Rag”, are robust and rapid, jangling celebrations of loose parts and grand piano resonance. The record recalls British improvisor Mike Adcock’s Moments Of Discovery – Adcock’s “Quickly Prepared Piano” used ajacket or some such tossed inside the instrument. Cipani has found a lot of music inside his ramshackle machines, and briefly restored them to blazing life.That unfeasibly complex machine, the piano, has evolved to the point where silky smooth sound and microscopically engineered response are taken for granted. A clavichord player like Brighton’s Paul Simmonds might remind us, however, how clunk and clank were an integral part of early keyboard music. Now Italian pianist Nicola Cipani tackles a score of low maintenance New Yorkjunkheaps, the kind of instrument that would elicit foaming-at-the-mouth fury from a touring concert pianist were he to find one on his stage. There’s playful fun and considerable style in this sequence of 24 short pieces. Cipani has to establish a relationship with each battered beast, and he plays with real appreciation of the unique qualities of a particular neglected instrument. Sometimes he works from the keyboard: “La Deutsche Vita” is a tune rendered woozily unrecognisable by extreme tuning problems. Other times he climbs inside and works like a percussionist, with an impressive range of techniques. Pitches shimmer and slide as Cipani wields a bottleneck device, and “Accent Elimination 1” sounds like subtle application of a tremolo effect – or maybe that actually is a clavichord, where pressure on the keys can vibrate the strings. “Paramour” is very effective, riffing on notes so broken as to be almost silent. Other tracks, like opener “Body Hair Rag”, are robust and rapid, jangling celebrations of loose parts and grand piano resonance. The record recalls British improvisor Mike Adcock’s Moments Of Discovery – Adcock’s “Quickly Prepared Piano” used ajacket or some such tossed inside the instrument. Cipani has found a lot of music inside his ramshackle machines, and briefly restored them to blazing life.

Dandelions – Downtown Music Gallery

Featuring Carla Bozulich on vocals, Simone Massaron on guitars, banjo & loops, Xabier Iriondo on mahai metak, Andrea Viti & Davide Tedesco bass and Zeno de Rossi on drums. We know of guitarist, Simon Massaron, from two ther discs on this same label with Danielle Cavallanti and Giovanni Maier. Drum wiz, Zeno de Rossi, can be found on more than a half dozen discs on the El Gallo Rojo and Splasch labels.
I must admit that I’ve become a big fan of singer, Carla Bozulich, over the past few years. I’ve caught Carla live with the last version of the Gerald Fibbers, with Nels Cline in Scarnella, her tribute to Willie Nelson and with Evangelista at the Victo Fest a couple of years back. It is difficult to describe what it is that is so special about her, yet each time I hear her sing, she does me in. Once again, Carla is in fine form on this disc with these righteous Italian folk/blues rockers. She sounds so world weary on the opening tune, “Never Saw Your Face,” which features some dark, probing string thing (mahai metak?) and scrunchy, scary guitar from Simone. The title track sounds as if it was written for Roy Orbison or maybe Elvis Presley, touching without being cheesy. Simone plays some earthy, skeletal banjo and slide guitar on “Love Me Mine” with some fine bluesy vocals by Carla. Carla wrote all of words here (in English) and does all of the singing as well. Simone’s music, arranging and playing fit Carla’s voice like a well worn glove throughout. Don’t let this buried treasure slip from your hands, you deserve to soothe yourself in the haunting sounds of ‘Dandelions on Fire’Featuring Carla Bozulich on vocals, Simone Massaron on guitars, banjo & loops, Xabier Iriondo on mahai metak, Andrea Viti & Davide Tedesco bass and Zeno de Rossi on drums. We know of guitarist, Simon Massaron, from two ther discs on this same label with Danielle Cavallanti and Giovanni Maier. Drum wiz, Zeno de Rossi, can be found on more than a half dozen discs on the El Gallo Rojo and Splasch labels.
I must admit that I’ve become a big fan of singer, Carla Bozulich, over the past few years. I’ve caught Carla live with the last version of the Gerald Fibbers, with Nels Cline in Scarnella, her tribute to Willie Nelson and with Evangelista at the Victo Fest a couple of years back. It is difficult to describe what it is that is so special about her, yet each time I hear her sing, she does me in. Once again, Carla is in fine form on this disc with these righteous Italian folk/blues rockers. She sounds so world weary on the opening tune, “Never Saw Your Face,” which features some dark, probing string thing (mahai metak?) and scrunchy, scary guitar from Simone. The title track sounds as if it was written for Roy Orbison or maybe Elvis Presley, touching without being cheesy. Simone plays some earthy, skeletal banjo and slide guitar on “Love Me Mine” with some fine bluesy vocals by Carla. Carla wrote all of words here (in English) and does all of the singing as well. Simone’s music, arranging and playing fit Carla’s voice like a well worn glove throughout. Don’t let this buried treasure slip from your hands, you deserve to soothe yourself in the haunting sounds of ‘Dandelions on Fire’

Dandelions – Rockit

Bel colpo questo lavoro di Simone Massaron. Il chitarrista e compositore milanese ne scrive interamente le musiche e riesce nell’impresa d’attorniarsi di una band d’eccellenza che vede la voce di Carla Bozulich primeggiare nell’alto dei cieli. L’immancabile Iriondo (Uncode Duello e moltissimi altri progetti) alle chitarre e l’ottimo Zeno De Rossi (Shtik, Capossela) alla batteria formano un combo formidabile.
Massaron è un raffinato jazzista e lo dimostra ampiamente nella title-track, un pezzo dalle lente e intense trame che ricordano il Tom Waits accompagnato dalla fedele chitarra di Marc Ribot. “Never saw your face” si aggira in territori blues scuri e rumorosi con le chitarre grattugiate e la voce della Bozulich che sa muoversi a meraviglia in ambiti a lei congeniali. Attitudine che ritorna anche in “Five dollar lottery” e nella più sperimentale e rumorista “Baby you so creepy”. L’album si chiude con una sfuriata a metà tra il classicismo folk e l’avanguardia rock, segmento dove la Bozulich si avvicina di più alle ormai celebri prove vocali con i suoi importanti Evangelista. Proprio un bel disco dunque, album da esportazione, ottimo risultato per la scena italiana.Bel colpo questo lavoro di Simone Massaron. Il chitarrista e compositore milanese ne scrive interamente le musiche e riesce nell’impresa d’attorniarsi di una band d’eccellenza che vede la voce di Carla Bozulich primeggiare nell’alto dei cieli. L’immancabile Iriondo (Uncode Duello e moltissimi altri progetti) alle chitarre e l’ottimo Zeno De Rossi (Shtik, Capossela) alla batteria formano un combo formidabile.
Massaron è un raffinato jazzista e lo dimostra ampiamente nella title-track, un pezzo dalle lente e intense trame che ricordano il Tom Waits accompagnato dalla fedele chitarra di Marc Ribot. “Never saw your face” si aggira in territori blues scuri e rumorosi con le chitarre grattugiate e la voce della Bozulich che sa muoversi a meraviglia in ambiti a lei congeniali. Attitudine che ritorna anche in “Five dollar lottery” e nella più sperimentale e rumorista “Baby you so creepy”. L’album si chiude con una sfuriata a metà tra il classicismo folk e l’avanguardia rock, segmento dove la Bozulich si avvicina di più alle ormai celebri prove vocali con i suoi importanti Evangelista. Proprio un bel disco dunque, album da esportazione, ottimo risultato per la scena italiana.

The Ill-Tempered Piano – L'Internazionale

Altro esemplare sommesso e curioso di piano man, Cipani (nato in Svizzera nel 1965, cresciuto e diplomato a Milano) nella vita fa il lettore alla Nyu e (almeno negli ultimi due anni) il ricercatore di strumenti a tastiera abbandonati per la città. Il suo recente cd The iII-tempered piano (Long Song Records) documenta questa passione in 24 improvvisazioni su altrettanti strumenti mal temperati. l’ascolto è impervio, ma regala ai pazienti un senso d’ironica avventura. Come un inseguimento, attraverso capannoni e tasti abbandonati, di dieci piccoli polpastrelli in fuga.Altro esemplare sommesso e curioso di piano man, Cipani (nato in Svizzera nel 1965, cresciuto e diplomato a Milano) nella vita fa il lettore alla Nyu e (almeno negli ultimi due anni) il ricercatore di strumenti a tastiera abbandonati per la città. Il suo recente cd The iII-tempered piano (Long Song Records) documenta questa passione in 24 improvvisazioni su altrettanti strumenti mal temperati. l’ascolto è impervio, ma regala ai pazienti un senso d’ironica avventura. Come un inseguimento, attraverso capannoni e tasti abbandonati, di dieci piccoli polpastrelli in fuga.

Dandelions On Fire – Rock-A-Rolla

Milan-born guitarist Simone Massaron has been a staple of the Italian improv circuit for years, and here he ropes in the increasingly ubiquitous Carla Bozulich for a surprisingly effective collaboration that takes in dark Americana, Nick Cave and Lydia Lunch. Bozulich’s recent run of impressive releases (including Evangelista and a guest slot on The Book Of Knots) has seen her spread her talent far and wide, and in Massaron she may well have found the perfect partner. As most of Dandelions shows, it’s like the two were born to work together.Milan-born guitarist Simone Massaron has been a staple of the Italian improv circuit for years, and here he ropes in the increasingly ubiquitous Carla Bozulich for a surprisingly effective collaboration that takes in dark Americana, Nick Cave and Lydia Lunch. Bozulich’s recent run of impressive releases (including Evangelista and a guest slot on The Book Of Knots) has seen her spread her talent far and wide, and in Massaron she may well have found the perfect partner. As most of Dandelions shows, it’s like the two were born to work together.